Nicky Brian Perera, dall’esperienza a MasterChef alla vita da chef a domicilio: intervista esclusiva

Una vita passata tra i vertici di un triangolo abbastanza insolito, quello composto tra Inghilterra, Italia e Sri Lanka. Nicky Brian Perera si racconta attraverso i suoi piatti e le sue ricette, capaci di trasferire al palato un mix unico di gusti intercontinentali. 

Una tavola colma di piatti profumati e fumanti. Le ciotole di riso risaltano tra i colori accesi della curcuma e del curry mentre l’aroma delicato della cannella di Cylon e quello decisamente più acido del lime trovano uno strano e unico equilibrio al nostro olfatto. Sono questi i pregiati e particolari ingredienti che provengono dalla tradizione culinaria cingalese, quella appartenente allo Sri Lanka, una delle regioni più particolari dell’Asia e del mondo: è proprio con questa immagine esotica che vogliamo introdurre uno chef dalla personalità altrettanto intensa e particolare, l’italo cingalese Nicky Brian Perera.

Il semifinalista dell’undicesima edizione di MasterChef Italia è infatti nato a Roma, dove i suoi genitori si sono trasferiti dallo Sri Lanka. Dal carattere vivace, ci racconta fin da subito la genuinità della propria passione verso la cucina, un’interesse che condivide con la compagnia Andrealetizia, anche lei concorrente nella stessa edizione del programma televisivo.

Nicky Brian Perera e le ricette dai sapori intensi

Spezie aromatiche e coraggio in cucina. Nicky Brian ci racconta la storia delle sue ricette coraggiose e degli ingredienti che ne fanno parte, elementi essenziali per identificare la sua anima culinaria tra contaminazioni e originalità.

Se dovessi creare un piatto “signature” in base alla tua personalità, come sarebbe? Quali sapori racchiuderebbe?

Che domanda difficile…

Penso che, ad oggi, il piatto che più mi rappresenta sia la mia carbonara box. Io ho un talento nel complicarmi la vita: amo essere preciso, amo essere perfezionista, amo sperimentare, amo fallire… e amo trasformare le mie sconfitte in vittorie.

Quel piatto ha fatto esattamente questo. Una tecnica difficilissima per creare una scatola di spaghetti, riempita con una spuma di carbonara, e guanciale cotto alla perfezione separando grasso e carne, perché hanno cotture diverse.

Un piatto maniacale, un piatto che penso davvero mi rappresenti.

Se dovessi creare un piatto che unisce la cremosità di un risotto italiano con le spezie intense della cucina cingalese, quale ingrediente sceglieresti come ponte tra le due culture e quale storia racconteresti nel piatto?

Mamma mia, ma che fantastica domanda!

La mia risposta è: il cocco.

In Sri Lanka le festività, e in particolare la mattina dopo il capodanno, si celebrano mangiando il kiribath (Kiri = latte, Bath = riso): un riso al latte compatto, servito solitamente con il Lunumiris, una pasta di peperoncino, cipolle, spezie e lime.

Io lo reinterpreterei con un risotto cotto nel latte di cocco, infuso con foglie di pandan — foglie super profumate tipiche della cucina singalese.

Al momento del servizio, nasconderei alla base del piatto un po’ di Lunumiris: così, ad ogni boccone, sentiresti il piccante e lo speziato, ma anche la freschezza del lime. E quella piccantezza verrebbe subito avvolta dal riso al cocco, che con la sua dolcezza e grassezza pulisce la bocca e porta via il calore. Un piatto che stimola i sensi, che crea quasi dipendenza ad ogni assaggio.

La storia la racconta il piatto stesso: assapori qualcosa che sembra familiare e lontano allo stesso tempo, un piatto che confonde ma che lega due culture accomunate da una cosa sopra a tutte: l’amore per il cibo.

Hai un ingrediente segreto che usi spesso e che sorprende sempre i commensali?

La risposta è banale: l’ingrediente segreto è la mia passione. La trasmetto nel piatto, ma anche nel racconto che faccio prima che venga assaggiato.

Nei miei occhi vedi quelli di un bambino con il suo gioco preferito, e quell’amore — quasi imbarazzante — che ho per quello che faccio.

MasterChef come punto di partenza

Le intense cucine di MasterChef sono state un importante trampolino di lancio per Nicky che però ha un ricordo di emozioni ambivalenti legate al programma. L’esperienza, condivisa con la compagna, gli ha sicuramente dato tanto, ma la pressione sentita probabilmente è stata compromettente.

Come qualsiasi esperienza, Nicky ha però saputo trarne grande vantaggio: è proprio grazie a MasterChef che ha capito che la sua strada sarebbe stata quella della cucina, una strada che lo chef sta percorrendo con successo.

Sei diventato famoso soprattutto come chef privato e semifinalista di MasterChef Italia 11.

Cosa ti ha portato a scegliere questa strada e come ricordi l’esperienza in televisione?

L’esperienza è stata psicologicamente intensa. Me la ricordo con momenti di estrema felicità, sorrisi e tanta adrenalina, ma anche come qualcosa di debilitante, sia a livello fisico che mentale.

Dopo la messa in onda, ho avuto un altro crollo perché non mi sentivo rappresentato da quello che vedevo in TV. Da allora non ho più guardato il programma.

Diciamo che Masterchef mi ha portato un po’ di fama, ma niente di eccessivo. Nel programma non sono stato mostrato come uno dei più bravi, ma come quello che, grazie alla fortuna, è riuscito ad andare avanti. La visibilità che ho oggi sui social, infatti, deriva da altro.

Ho scelto di fare Masterchef perché il lavoro da UX designer non mi dava più soddisfazioni e, allo stesso tempo, la mia ragazza aveva deciso di provare a entrare nel programma. Probabilmente avrei rosicato se non ci avessi provato anch’io.

Qual è stato il momento più bello e quello più difficile vissuto durante il programma?

Il momento più bello è stato senza dubbio quando ho superato il primo step ai live cooking. Un’esplosione di adrenalina: la mia compagna era entrata prima di me e non sapevo ancora come fosse andata.

Era la prima volta che un mio piatto veniva giudicato da veri esperti. E non parliamo di esperti qualsiasi, ma di chef pluristellati, celebrità della cucina. Vederli, parlarci… era un sogno, qualcosa di surreale. La ciliegina sulla torta non è stata solo ricevere tre “sì”, ma vedere la mia compagna, Andrealetizia, che mi aspettava nel corridoio con il grembiule addosso. Mi viene da piangere solo a pensarci.

Il momento più brutto, invece, è arrivato poco dopo metà programma. Registravamo quasi ogni giorno, ogni giorno una prova diversa, e ogni giorno io non vincevo. Eppure continuavo ad andare avanti. Mi sentivo un impostore, come se non meritassi di stare lì. L’unica cosa che mi teneva in piedi era la mentalità che mi hanno inculcato gli anime giapponesi: NON arrendersi mai, credere che con la prossima prova avrei potuto ribaltare tutto! #Madamadaaaa

Che consiglio daresti a chi sogna di candidarsi a MasterChef?

Solo il fatto di sognare di candidarti ti mette già dentro a una percentuale piccolissima della popolazione. Tu sei speciale. Solo tu conosci davvero la fatica che affronti nella tua vita, e proprio per questo te lo meriti: candidati. Forse hai responsabilità a cui non puoi mancare. Forse aspetti il momento giusto. Forse pensi di non essere abbastanza bravo.

Ma ricordati che a tutto si trova sempre una soluzione. All’inizio può sembrarti impossibile, ma fidati dell’ingegno umano: in un modo o nell’altro, la soluzione si trova.

Ed è proprio questo stesso atteggiamento verso la vita che ti servirà nel programma, se vuoi avere una possibilità.

E ora Nicky Brian come chef a domicilio, l’avvio di una carriera più intima

Dopo aver cucinato pubblicamente e aver fatto esperienza in una cucina professionale e gourmet in Corsica, Nicky Brian ha capito che il suo modo di cucinare è decisamente più intimo e personale, qualcosa che deve arrivare direttamente a chi assaggerà il piatto, un tipo di contatto che non ha bisogno di intermediari.

Come è nata la tua attività come chef a domicilio? Qual è la cosa più bella di cucinare per le persone a casa loro?

Subito dopo il programma ho fatto una stagione in cucina, in Corsica. Avevo bisogno di capire se fosse solo un hobby o una vera e propria passione.

Dopo aver preso un po’ d’infarinatura e dopo aver visto le condizioni in cui si lavora in cucina, ho capito che non era un ambiente sano per la mia salute mentale.

Oggi però, con l’arte del cucinare si può fare davvero tanto. La strada che ho scelto è stata quella dello chef a domicilio. La cosa più bella da cucinare per un cliente è qualcosa che riesca a evocare emozioni di nostalgia.

Come? Devi parlare con lui, conoscere la sua storia, le sue origini, e disegnare un menù che magari riesca a far scattare quel “click”.

Ci racconti un aneddoto divertente o emozionante legato alla tua esperienza con Gronda o ai servizi a domicilio?

Gronda. La mia più grande fortuna.

Il mio primo meet-up con i creator è stato magico: ho conosciuto chef di altissimo livello che mi hanno ispirato a non accontentarmi delle mie abilità e a spingere oltre i miei limiti.

Ero un noob, alle prime armi, quando sono entrato… ma hanno visto qualcosa in me.

E quest’anno il CEO di Gronda mi ha scritto personalmente perché voleva ingaggiarmi per una cena a domicilio per tutto il team, in una villa che avevano affittato vicino Roma. Penso sia stato uno dei servizi più importanti della mia vita!

Qual è l’errore più comune che hai visto nei piatti preparati dai tuoi clienti o durante i corsi?

Non faccio molti corsi di cucina e quando insegno non vedo gli errori delle persone: vedo solo opportunità per insegnare qualcosa di nuovo.

Sì, magari è una risposta un po’ noiosa… ma a me piace così.

Hai mai cucinato qualcosa solo per conquistare qualcuno? Ha funzionato?

Conquistare no, però in Inghilterra diciamo che mi sono fatto notare… e mi hanno guardato con occhi diversi ahah!

Come quando ad un house party in Inghilterra, dove solitamente ci sta solo da bere, avevo preparato le lasagne per tutti.

Progetti futuri: pensi a un tuo canale YouTube, un libro di ricette o corsi di cucina intensivi?

Domanda molto difficile, a cui sto ancora cercando una risposta: cos’è che posso dare io al mondo, alle persone? Oltre a ispirare, cosa posso fare nell’ambito del food che lasci una vera impronta indelebile?

Sono convinto che arriverò alla risposta, continuando a percorrere la mia strada, guidato fermamente dalla passione e dalla curiosità per la cucina.

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